Premio Cantiere Risonanze 22/23

Un progetto di e con Filippo Capparella e Omar Giorgio Makhloufi

NOTE DI REGIA

Il nostro è uno spettacolo politico, assurdo ed estemporaneo. Uno spettacolo che parla della fine del mondo. Protagonisti sono Pier e Pier, due clown contemporanei che immaginiamo ispirati, in parte a noi due come persone e artisti ( con tutto ciò che ci fa sentire inadeguati e provvisori), e in parte alla tradizione e al mito clowneschi. In scena essi si preparano per la fine del mondo, lo fanno in chiave meta teatrale e consapevoli della presenza del pubblico. I due vivono l’attesa per un’apocalisse che non sanno bene neanche loro quale sia e sotto che forma si abbatterà su di loro, ma nel dubbio essi si preparano, in continuazione. Per questo, Pier e Pier in scena incarnano il dubbio; come sarà la loro fine del mondo? Morale, filosofica, fisica, naturale, tecnologica, nucleare o sarà tutto ciò contemporaneamente?

Ci interessa raccontare la fragilità e le incertezze di questo momento storico, ridendo delle disgrazie e piangendo delle poche e rare gioie, recitando anche i grandi testi della tradizione (Da Shakespeare a Pinter, passando per Becket, Jarry e Karl Valentin) in maniera eroicamente mediocre, col fine di rendere straordinaria la mediocre quotidianità di tutti i giorni.

Come nel dopoguerra, i nostri tempi ci obbligano a non voler troppo pensare, alla tragedia soprattutto. Anche noi con questo spettacolo – come direbbe Jarry – puntiamo al decervellamento – per cercare una catarsi in attesa di un’apocalisse misteriosa ed esistenziale.

MOTIVAZIONE DEL PREMIO

Il progetto Pier, Pier, Pier colpisce per talento scenico, attoriale ed efficacia evocativa. Nella proposta di Capparella Makhloufi l’essenza del clown – la fragilità – emerge nella sua tragicità e si confronta con interessanti tentativi di rielaborazione in chiave contemporanea. L’accumulazione di situazioni, il citazionismo delle avanguardie degli anni Settanta, gli schemi comici definiscono una costruzione frammentata che bene si presta a tradurre il senso di ansia e di disagio nei confronti del presente e del futuro vissuto da tardo-Millenials e Generazione Z, di cui il duo si vuole fare portavoce. Capparella e Makhloufi in scena presentano un’alchimia in cui i tempi comici dell’uno sono incalzati dai nevroticismi dell’altro. Si percepisce un forte ascolto interno capace di integrare il pubblico nella costruzione di senso. Si intravede un potenziale che lascia presagire ampie possibilità di esplorazione durante il percorso di creazione, per definire un solido impianto drammaturgico e concettuale ed evitare di rimanere nella superficie delle intuizioni condivise in questa fase.